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Consumo del Suolo ed energia Eolica

In Territorio&Società - Territory&Society on settembre 16, 2012 at 12:57 PM

Qualche giorno fa Monti lamenta l’incessabile consumo del suolo Italiano per mezzo di cementificazione. Ha ragione http://www.corriere.it/ambiente/12_settembre_14/mario-monti-consumo-ddl-consumo-suolo_18ff313a-fe68-11e1-82d3-7cd1971272b9.shtml. Oggi, sul Fatto leggo un articolone dal tono melodrammatico lamenta l’incessabile, incentivato e privatizzato consumo del suolo e del paesaggio per mezzo di pale eoliche http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/16/pale-eoliche-quanti-miliardi-al-vento/353992/.

Cementificazione del territorio e erosione dei beni paesaggistici e naturalistici per mezzo di progetti di energia sostenibile sono due cose molto diverse questo si sa. Ma hanno una cosa in comune secondo me: il ruolo dell’attore pubblico, ed in particolare delle regioni da un lato, e il ruolo del paesaggio e delle aree non edificate nell’economia di un paese. Hanno un’altra cosa in comune: sono due argomenti che, assurdamente, non vengono trattati in modo diretto dalla politica in tempi di austerità. Il consumo del suolo è un fenomeno prodotto della crescita, e allo stesso tempo è un fenomeno che la genera. LA bolla immobiliare si era riempita di cemento, tramite l’estensione delle aree residenziali e commerciali oltre i confini esistenti delle città. Si sono prodotti metri quadrati a buon mercato, permettendo una speculazione nelle aree centrali, e creando un sistema finanziario che rendeva più vantaggioso il nuovo piuttosto che l’usato. Non ci vuole un genio per capire che la correlazione tra cementificazione e crisi è diretta. Non credo di dire assurdità proponendo una politica dell’austerità che parta dalla risoluzione di una delle cause della crisi. Oggi, più che mai, è importante mettere dei limiti alla urbanizzazione, massimizzando tutti i vari vantaggi della densità urbana. Un esercizio possibile tramite l’uso dell ‘penna rossa’, per tracciare i confini, strategici, oltre i quali l’edificazione non è possibile. Incentivare progetti di riuso tramite sistemi innovativi di micro-finanza, cuciti su misura per la nuova piccola e media imprenditorialità immobiliare.


E cosa succede fuori dalle città? E’ qui che il tema dell’energia sostenibile rientra. Non sopporto più, purtroppo, coloro che sostengono nostalgicamente una visione bucolica dell’agricoltura italiana. Sono coloro che accusano le pale eoliche di rovinare un paesaggio agricolo bellissimo, e di erodere le capacità produttive del settore primario del paese. Le pale eoliche non sono minacce per l’ambiente se ben governate, e non devo essere per forza possedute dal pubblico (che tra l’altro ha fatto grandi disastri quando espropriava aree agricole per il ‘nobile’ motivo di produrre residenze sociali). Le pale eoliche sono uno di quei settori alternativi all’immobiliare, e complementari al perseguimento di una politica di densità urbana. Bisogna tendere (per mai arrivarci ovviamente, essendo un’utopia) ad una configurazione di città austo-sostenibile che combini una crescita entro i suoi confini, entro un paesaggio ancora produttivo, per il fabbisogno della stessa. Produttivo di energia, cibo e bellezza.

Per rendere possibile la coesistenza di spazi naturali, ricreativi, agricoli e energetici è però importante una visione strategica nella collocazione di questi usi. Ed è esattamente questo il ruolo delle regioni. Non quello di possedere e vendere energia, rafforzando un monopolio naturale che potrebbe causare effetti collaterali notevoli, ma quello di definire le destinazioni d’uso del suolo sulla base di un progetto ampio e di lungo periodo. Ampio perché possa considerare la relazione tra i vari usi (e non parlo delle mere Valutazioni di Impatto Ambientale!) e soprattutto che possa calibrare incentivi su base geografica nel lungo periodo (privilegiando aree di espansione energetica prioritaria). Parliamoci chiaro: le pale eoliche andrebbero in primo luogo collocate attorno alle aree industriali, in zone portuali e perché no nel mare. Poi, andrebbero collocate nelle aree non-agricole in prossimità delle città (non sul cucuzzolo della montagna). Dovremmo fissare dei limiti all’iniziativa privata, non soffocarla ne beatificarla. Quello che chiamiamo ‘crisi’ dona in realtà la possibilità di riconfigurare la nostra infrastruttura produttiva e la nostra organizzazione del territorio. Sarei più contento se Monti, parlando di consumo del suolo, potesse intelligentemente menzionare cone questo sia complementare al settore dell’energia pulita.

A presto

fede