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IMU e Tasse sulla casa? Guardate cosa sta succedendo ai centri storici.

In Territorio&Società - Territory&Society on ottobre 29, 2013 at 9:32 PM

Prima ICI, poi IMU, adesso TASI, poi IRPEF su immobili di un certo tipo, TARES, ed eventualmente maggiorazioni. Magari pure altri extra. La mappa delle imposte sulla proprietà immobiliare è più complessa di quella di quella stradale. Sembra che per capire quanto si dovrà pagare (un mistero che solo il mago burocratico può rivelare) un comune cittadino dovrebbe aggiungerci la parcella di un commercialista. Soprattutto se questo cittadino è uno dei milioni di commercianti, piccoli, che popolano le nostre strade. Stamane, durante una passeggiata nella mia città natale di Jesi, tutte queste diatribe su tasse immobiliari hanno acquisito un senso particolare. Mi sono trovato di fronte ad uno degli esempi concreti della crisi immobiliare nel nostro paese. Una situazione rappresentativa dello stato territoriale, sociale ed economico dei piccoli centri urbani italiani. Quei centri che costituiscono la struttura portante di tutto il territorio nazionale.

Jesi, provincia di Ancona. Via degli Orefici (anche detta Via Pergolesi): una via di circa 600 metri, larga all’incirca 3 metri. Una delle principali vie commerciali della città. Il vecchio decumano della città romana. Parte dalla piazza principale e termina nella piazza del Duomo. Un asse monumentale della piccola città marchigiana, che a distanza di pochi passi collega la piazza del Comune, il Palazzo della Signoria (sede della biblioteca comunale) e piazza Federico II, quella dove presumibilmente l’illuminato Imperatore del Sacro Romano Impero nacque ottocento anni fa. Una via che costituisce il fulcro commerciale di tutto il centro storico pre-ottocentesco e che fu rinominata via degli orefici proprio perché sede dei produttori di gioielli e pietre preziosi. Fino ad oggi.

Oggi, Via degli Orefici sembra un far-west deserto. Dalle piccole foto qui esposte (prese dal sottoscritto proprio oggi) emergono i segni di una cittadina il cui cuore sta perdendo colpi. Delle due dozzine di attività commerciali nella via, ne sono rimaste aperte meno della metà. E di queste, alcune solo temporanee. Dopo un rapido cambiamento di qualche anno fa, anche le nuove attività hanno dovuto chiudere i battenti. Le cause sempre le stesse: affitti troppo cari che strozzano i piccoli commercianti che stentano a vendere dato il calo repentino della domanda. La crisi dei consumi si dirà. Una risposta tra il riduttivo e lo sbrigativo, che lascia poco spazio a una riflessione più costruttiva.

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Cosa c’entra tutto questo con il parapiglia dell’IMU. C’entra eccome. La tassa sugli immobili è, e sarà sempre, la risorsa principale di sostentamento dei comuni. E’ nella manipolazione di queste aliquote che i comuni esercitano la loro capacità di governo, redistribuzione e sviluppo della città. Tramite queste tassie si pagano i servizi urbani, la mobilità di corto raggio, quella locale quotidiana. Si abbelliscono gli spazi pubblici, rendendo gli spazi commerciali e residenziali attrattivi per la cittadinanza (e non, si pensi ai turisti). In un vero sistema federalista l’IMU, come le tasse comunali, permettono alle città di definire il proprio futuro e di combinare abilmente politiche per la casa con quelle degli spazi pubblici e commerciali. Via degli orefici non muore per un calo dei consumi. Perisce a causa di una strategia economico-immobiliare che non redistribuisce le risorse. Risorse che dovrebbero essere ricavate da sviluppi urbani meno virtuosi (come per esempio le casette a schiera periferiche, le lottizzazioni selvagge adiacenti alle aree agricole, o i grandi centri commerciali alle porte delle città) verso aree che necessitano aiuto. Il cuore della città dovrebbe essere il primo destinatario degli investimenti prodotti da queste risorse. Potrebbero avere la forma di incentivi economici per attività commerciali e\o produttive di un certo tipo, così come interventi destinati all’arredo urbano o attività culturali.

Abolire l’IMU è tanto sbagliato quanto impossibile come vediamo. Serve solo una politica fiscale immobiliare che: 1) permetta una vera competizione virtuosa tra comuni, che verrebbero incentivati a valorizzare il proprio territorio, facendo leva sui beni monumentali storici. Per questo l’IMU deve essere lasciata ai comuni, che eventualmente sceglieranno di aumentarla, ricompensando i propri contribuenti con spazi e servizi alla città e alle imprese che vi risiedono. 2) sia strategicamente ridistribuita, tramite un sistema che penalizzi le seconde e terze case e ogni sfitto, in modo da poter utilizzare quei soldi per politiche che invece incentiverebbero l’uso di questi spazi. 3) sia proporzionalmente pagata da tutti i proprietari immobiliari (la maggioranza nel nostro paese), e di conseguenza che pesi meno unitariamente. 4) possa essere riutilizzata anche per valorizzare gli spazi in affitto, producendo un ovvio ritorno economico dei proprietari (data l’aliquota minore nel caso in cui lo spazio sia utilizzato. 5) contenga meccanismi premiali come esenzioni, anche significative, delle imposte sull’immobile per quelle proprietà destinate ad usi socialmente rilevanti, innovativi, eventualmente pubblici. 6) che sia, quanto possibile, sensibile alla localizzazione al valore catastale dell’immobile (sempre aggiornato) e che quindi, si adatti alla variazione di tali valori nel tempo, funzionando da meccanismo di controllo per le dinamiche di spopolamento e decadimento (come in via degli orefici).

Insomma, è impossibile avere una politica fiscale immobiliare efficace e giusta senza un vero federalismo, che permetta ai comuni di gestire le proprie imposte in base alle proprie esigenze.

Federico

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