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Cosa c’entra Beppe Grillo con la cocaina? Un’altra storia italiana.

In Politica&Società - Politics&Society on novembre 14, 2012 at 9:44 PM

dal carissimo mattia per il social mirror

Secondo molti, rovistare nella vita privata di Berlusconi era (e sarebbe) lecito, perchè fu lui stesso, sin dal lontano 1993, a darla in pasto al pubblico, attraverso le sue Tv, ma non solo attraverso quelle. Ricordate  l’almanacco “una storia italiana”?

Oggi, invece, sono tanti quelli che si indignano perchè, a loro dire, sarebbe in atto una vile strumentalizzazione della triste vicenda in cui è incorsa la figlia di Grillo, Luna. La ragazza è stata beccata dalla polizia con “due dosi” di cocaina in automobile*.A me non interessa questa povera ragazza, che si trova in questa brutta condizione (vedete voi quale: se pippare cocaina o avere un padre così pazzerello). Vorrei solo cogliere l’occasione per levarmi qualche sassolino. Procederò per punti.

  1. Grillo non ha una tv, ma ha un blog e alcuni account su social network, seguiti da milioni di persone. Su quel Blog si trovano filmati, comunicati politici e mille altre menate. Lui decide dell’organizzazione dei contenuti del suo blog, più di quanto Berlusconi decidesse (o decida oggi) il palinsesto delle sue televisioni.
  2. Chi rilancia, via social media, una notizia, sempre che non si tratti di un  operatore della comunicazione, non ha alcuna responsabilità in merito alla sua veridicità. Se, invece, una volta dimostrata la falsità della notizia, dovesse continuare a rilanciarla, sarebbe un idiota in cattiva fede.
  3. Grillo è un personaggio pubblico. La sua vita fa notizia. Lui stesso ha più volte invitato il pubblico ad occuparsi del suo privato: “ho sei (o cinque, bho) figli”, “guardate, questo è il posto in cui lavoro”, “mia moglie è iraniana, mio cognato traduce Bin Laden meglio di Al Jazeera… “, “mio figlio Ciro…”. Potrei andare avanti per ore. Ritengo, quindi, legittimo che la stampa dia notizie legate alla famiglia di Grillo, soprattutto se date bene, come ha fatto Rimini Today, in modo asciutto e a-valutativo.
  4. Grillo è un leader politico. E’ un “capo politico” , come lui stesso si è definito, di un movimento che partecipa alla contesa elettorale. Sfottere Grillo per le sue disavventure private è, perciò, un’attività che merita lo status di satira. Se non fa ridere è cattiva satira, ma è satira.
  5. Grillo Giuseppe  non fa il comico da più di 3 anni. Oggi fa il ”capo politico”. Certo, usa un registro paradossale, uno stile ironico, etc… Insomma, fa ridere, ma fa politica. Ciò che lui dice da oltre tre anni è finalizzato ad accrescere l’influenza del movimento che egli comanda (!), anche attraverso l’orientamento delle scelte elettorali. Attività legittima, oltre che auspicabile, ma che ha un nome preciso: attività politica.

La domanda è perciò la seguente: è lecito utilizzare un familiare di Grillo per attaccare (io direi sfottere) lui?

Proviamo a rispondere. Beppe Grillo sfotte chiunque. Lo fa senza che si intuisca alcuna remora, limite o tabù. Tutto fa brodo:  genere, orientamenti sessuali, difetti fisici, storia personale, identità territoriali, etniche, linguistiche. Poi, ancora, vicissitudini del passato, scelte di vita, compagnie, amicizie etc… Lui è il maggiore e più fiero interprete di una comunicazione cacofonica, disorganica, contraddittoria e arruffata. Una comunicazione che mette in un mega frullatore fatti e storie di ogni tipo. Alcuni esempi? Eccoli: scie chimiche, raccolta differenziata, morte di Enrico Mattei, Casaleggio e il nuovo ordine mondiale, i debiti di Telecom Italia, i dodo Lerner e Formigli,  Bildelberg (o come caspita si scrive), la casta, la palletta agli ioni per il bucato, la mafia non uccide le sue vittime lo Stato sì, i preti pedofili, lo psiconano, la macchina usata di de Magistris, Fassino che è magro e (scopriamo) sarebbe ladro, Rigor Montis e le banche, i poliziotti-gli studenti e il Pasolini di Valle Giulia, Tavolazzi  Biolè e le epurazioni con via post o con lettera degli avvocati.  Si potrebbe andare avanti per ore.

Bene, lui ci tortura con tutte queste scemenze affastellate alla bell’e meglio, e noi dovremmo farci scrupoli nel raccontare una storia italiana? Cioè la storia della figlia di un leader politico che è stata beccata con la cocaina dalla polizia, com’è già capitato in passato a decine di migliaia di italiani?

La risposta per me è chiara e netta, ed è sì. Dovremmo farci scrupoli e penso che d’ora in poi me li farò.  Ma penso che dopo di  me, che inizierò a armene, dovrebbe farseli proprio chi, grazie a un blog seguito da milioni persone, ha così tanta audience e, di conseguenza, tanta responsabilità. Ah, dimenticavo. Cosa c’entra Beppe Grillo con  la cocaina? Niente, direi. Ma ormai la notizia è nel frullatore, e qualcuno sto frappè dovrà pur berlo.

Mattia

 

* La notizia di Rimini Today a questo link: http://www.riminitoday.it/cronaca/luna-grillo-trovata-cocaina-segnalazione-uso-personale.html

Alla Garbatella con Antonio Ingroia e…

In Costume&Società - Customs&Society on novembre 1, 2012 at 5:11 PM

Il teatro Ambra alla Garbatella, sorge in uno dei quartieri più belli di Roma. La zona della Garbatella vecchia è un insieme di vecchie case e ville
tradizionalmente suddivise in lotti, che nascondono al loro interno magnifici cortili e giardini. Mi piace pensare che, un tempo, tra lavatoi e stenditoi, botteghe e cantine, sedie e muretti ci si incontrava davvero; un senso di aggregazione che forse, volenti o nolenti, si va perdendo un po’.
Percorrendo le varie strade del quartiere si giunge in Piazza Giovanni da Trioria, punto che parrebbe essere l’effettivo ricongiungimento di tutti i
percorsi. Ed ecco il teatro, quasi nascosto volontariamente da occhi indiscreti; ed è proprio li che vado ad incontrare Antonio Ingroia, per sentire quello che ha da dirci.
Ingroia è uno dei magistrati più giovani della procura di Palermo, uno di quelli a cui vogliamo bene a priori, uno che ha lavorato a Marsala con Paolo Borsellino, quello che poi Borsellino volle ardentemente con sé nel suo pool antimafia a Palermo, insieme a Falcone.
Su mandato dell’ONU, ora però è in procinto di partire per il Guatemala, con l’incarico di dirigere un’unità di investigazione per la lotta al
narcotraffico. Smetterà per un anno le vesti di Pubblico Ministero in Sicilia e già ci si sente un po’ più soli.

Il suo saluto all’Italia parte da Roma, con un incontro dal titolo “La mafia ringrazia; omertà, collusioni e reticenze”  grazie alla fattiva collaborazione della rivista Micromega. Esserci è un atto d’amore verso la giustizia e verso questo nostro disastrato paese.
Sul palco spiccano quattro sedie vuote e un tavolino stracolmo di libri. E’ la cultura che parla stasera: quella della legalità; quella che, a piccoli pezzi, stiamo perdendo ogni giorno.

Gli amici di sempre si incontrano per chiacchierare. La sensazione è proprio quella, mentre si accomodano lenti Andrea Camilleri, Paolo Flores D’Arcais (direttore di Micromega) e Antonio Ingroia.
Si parla di mafia, di Stato e politica. Una triade ben collaudata, lo spiega divinamente Camilleri, regalando al pubblico un’immagine nitida e puntuale di che cosa è effettivamente la mafia in Sicilia e di quanto questa sia radicata profondamente nei poteri forti; cosa significa convivere con la malavita organizzata, di quanto poco si è liberi se gli onesti sono costretti a fuggire. Tutto questo condito dal suo inconfondibile accento siculo, imborbottito dal fumo di sigaretta.
Rapitore, mi piace definirlo: rapitore di attenzioni e riflessioni. Ci ha insegnato, ancora una volta, la nobile arte del “mettersi al servizio” della verità.

La solitudine degli uomini di legge in Sicilia, non poteva che essere argomento di Antonio Ingroia, quella stessa solitudine che uccise i suoi colleghi e amici Falcone e Borsellino. Nulla è cambiato e nei suoi  gesti si coglie tutta la pesantezza di questa affermazione:
 “Lo Stato non tutela chi combatte la mafia perché lo Stato è colluso, da sempre”
e benché questa  sia cosa risaputa, un macigno di silenzio percorre le nostre menti assorte e concentrate.
Uomo, mi piace definirlo: uomo tutto d’un pezzo, uomo come veicolo di autenticità. Ci ha insegnato, ancora una volta, come il coraggio e il senso della giustizia siano materie per pochissimi eletti.

Infine, l’arrivo inaspettato di Marco Travaglio. Con lui il giornalismo tocca vette altissime, ciò che racconta e spiega prende vita e trasforma lo spazio intorno in un frizzante dibattito sulla politica. Di questi tempi non si può certo parlare di mafia o camorra, senza passare per le stanze di governo.
Corretto, mi piace definirlo: la correttezza dei fatti, con nomi e cognomi. Ci ha insegnato, ancora una volta, a non avere paura di dire le cose come stanno.

Esco dal teatro con un carico emotivo ben marcato, misto di vergogna per il mio paese e di orgoglio.
La vergogna nasce da ciò che ho appena sentito e compreso e da ciò che ci propinano ogni sera all’ora di cena. Un’Italia dove, se prima pioveva, ora diluvia.
L’orgoglio nasce dalle persone che ho incontrato, italiani onesti che lavorano e sacrificano tutto, che ci provano davvero a cambiare il corso delle cose. E non smettono, non smettono mai di farlo.
Fusione tra dignità, preparazione e fiducia.
Si, fiducia.
Io di loro mi fido.

Marta